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Note storiche toponomastiche - Piumovimento trekking dalle Dolomiti

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Note storiche toponomastiche

Dolomiti > Dolomiti Feltrine > Vette Feltrine

ALCUNE NOTE STORICHE E TOPONOMASTICHE DEL GRUPPO DEL
CIMONEGA, GRUPPO DELLE VETTE FELTRINE E M.PIZZOCCO                     




                                           Sulla etimologia del toponimo 'Vette Feltrine'
                                                        L'ipotesi di Bianca Simonato

Ma cosa c'è da cercare, da indagare , da scavare nelle vecchie carte sul nome 'Vette' che è semplicissimo, ci fa guardare in alto ed era stato usato anche da Dante nella sua Divina Commedia?
Studiando le vecchie carte e di conseguenza le vecchie dizioni delle scritture con il riferimento che esse hanno, Bianca Simonato si è accorta di qualcosa che non quadrava: alle vette ed alle rocce un tempo non veniva data alcuna importanza poichè non servivano per il pascolo o per trarne qualsiasi utilità.
Il 'Monte' era inteso un tempo come zona di pascolo e monticazione e non come cima dove arrivare in vetta, come successe da metà 1800 con le prime salite ed esplorazioni dei noti nobili europei.
La dizione vetta o veta o aveta doveva quindi significare qualcosa di diverso.    


Kriegskarte di Anton Von Zach (1798-1805) - Ritaglio (Tav.XI-10 Feltre) ufficiale cartografo Ludwig Geppert zona delle Vette. ( ... Ludwig andava meglio con il fucile che con il pennino...)

L'acqua sembra essere l'origine antica del toponimo. Acqua che era un bene raro e prezioso a quelle altezze per il pascolo e la sopravvivenza. Con una ricerca approfondita sulla topografia antica, atti ecclesiastici, studi di eminenti ricercatori di toponomastica, la Simonato avanza molto dettagliata  nella sua ipotesi rendendola via via sempre più convincente perchè documentata. Molto modestamente (fossero tutti così...) lascia la conferma di quanto ricercato e dimostrato ad alti professionisti del settore.


Ritaglio da: BIANCA SIMONATO - Vette Feltrine: ipotesi toponomastiche - Le Dolomiti Belunesi - Natale 2005 pag.23



Per ricordare Bianca, mancata nel gennaio 2019, è stato segnato un anello di cammino con partenza da Cullogne (Cesiomaggiore - Val Canzòi)


                          Rappresentazione del Territorio                    
                                                                              
       E'  piuttosto  interessante  constatare dagli antichi documenti
       contenuti in missive antiche oppure su cartografia antica, quali
       fossero  un   tempo     le  zone   di   montagna   maggiormente
       frequentate sia per il pascolo che per il taglio del legname, e
       dove  fossero  ubicate le piu' frequentate vie di comunicazione
       dato  che  raramente,  un tempo,  si  usava  transitare  tra le
       montagne sul fondovalle, come invece avviene oggigiorno.        
       Altra  cosa interessante e' seguire e cercare di individuare la
       evoluzione dei toponimi e degli oronimi nel tempo.              
       Molti  nomi  sono  stati  cambiati  radicalmente  con gli anni,
       altri sono rimasti  pressoche' invariati,  al massimo risultano
       volgarizzati rispetto al latino od italianizzati nella dizione.
       Le frequenti invasioni barbariche, poi il dominio  dei francesi
       ed  il  dominio  austroungarico  sono  stati determinanti nella
       adozione e nella metamorfosi di toponimi ed oronimi.           


               Guardie e taglio dei sentieri: Carta militare del F.Grandis 'Dissegno del territorio di Feltre' -1713

       Anche  il  cessare  di attivita' non piu' fondamentali ha fatto
       si'  che  alcuni  oronimi  venissero sostituiti con altri molto
       piu'  sentiti,  come  ad  esempio  il nome dei santi, dai quali
       hanno  avuto un nuovo nome valli e colli, anche a seguito della
       costruzione  di  capitelli  e chiese  eretti per ringraziamento
       dopo le riccorrenti epidemie.                                  
       La  ricerca  e  lo studio di toponimi ed oronimi antecedenti al
       secolo  sedicesimo  obbliga  alla  lettura  storica delle prime
       ed  uniche  opere  del  tempo,  manoscritte  nel diciasettesimo
       secolo,  di  cui  le  piu' importanti sono quelle del G.PILONI,
       del G.BERTONDELLI, del F.ALPAGO, del G.B.BARPO, di A.CAMBRUZZI.
       In  queste  opere,  purtroppo raramente,  si ottengono preziose
       informazioni delle quali non si puo' non tener conto.          
       Anche  da  antichissime  lettere spedite da Capitani o Podesta'
       alla Repubblica di Venezia sono scaturite  valide informazioni.
       Il  Prof. G.B. Pellegrini  ci  ha  lasciato  uno  studio  sulla
       romanizzazione  della provincia di  Belluno  nel  quale vengono
       studiate le origini dei toponimi,  stabilendo (ed io lo  scrivo
       in  modo  semplicistico)   un  rapporto  tra  il  suffisso  dei
       toponimi e la loro origine.
       In particolare, il suffisso  AN dimostrerebbe l'origine  romana
       (da ANUM).     Il  suffisso  ACO ACH   dimostrerebbe  l'origine
       Gallica (da ACUM). Il suffisso  EN sarebbe classico nei nomi di
       origine preromana, forse Etrusca.
                                                                    
       La  cartografia  antica inizia a  divenire significativa per le
       nostre  montagne  verso  la meta' del 1500, proprio per mano di
       Giacomo  Gastaldi,  il  piu' grande cartografo italiano del XVI
       secolo.  Le  rappresentazioni del Gastaldi sono state giudicate
       pregievoli  in  rapporto al livello raggiunto dalla cartografia di quell'epoca.

                                                                
                                                                              
                                                                                                    
       I TOPONIMI PIU' ANTICHI ATTORNO  ALLE MONTAGNE  FELTRINE          

       Reperti archeologici risalenti  all'epoca  preromana e romana
       sono stati rinvenuti in molte localita' pedemontane, ai piedi
       delle montagne feltrine.    La  derivazione  dei  nomi  delle
       localita' ha  origine in parte  romana,  gallica  ed  etrusca
       settentrionale.
       Il  tipo  piu'  frequente di toponimo  e' rappresentato da un
       personale dal quale,  mediante  suffisso  aggettivale  romano
       (ANUM) oppure gallico (ACUM) veniva dedotta  la denominazione
       del  luogo che  indicava la  proprieta'  stessa. (Nel latino, praedium).
       Le proprieta' romane erano quasi sempre situate in  localita'
       particolarmente fruttifere,  esposte al sole,  con estensione
       dei campi abbastanza grande. Da esse sorsero in seguito paesi e villaggi.
       
       Ad esempio sono di origine romana le localita' di :
       CESIO (Bulpian)
       CORDENZAN (Cordentius)
       MEZZANO (Mezzanum)       ecc.
       
       Sono di origine gallica le localita':
       FUMACH  (Fumus)
       FONZASO (Fundius)
       MUIACH  (Mullius)
       IMER    (Imerium)        ecc.
       
       Di origine preromana, forse etrusca:
       LAMEN
       PREN
       LASEN                    ecc:
     
  
Il primo libro stampato riguardante la Ciittà di Feltre del 1673 - prima e seconda pagina           
       

       Dagli antichi disegni dei primi cartografi possiamo leggere:    
       Feltre,  Zorzan,  Fasin,  Ciolt,  Pedevena,  Sta Iustina, Gron,
       Dergna', Fonzas, Rocca de Schena, Primier.                      
Questi  sono  gli  insediamenti  citati  nella  cartografia tra
       l'anno 1576 ed il 1600 che attorniano le montagne di Feltre.    
       Va  detto che alcune di queste localita' lasciano dei dubbi: ad
       esempio  Fasin   potrebbe  essere   l'attuale   Facen,  Dergna'
       potrebbe essere Dorgnan. La Rocca de Schena invece si riferisce
       sicuramente  al  ex  castello  dello Schener, ora completamente
       diruto. Esistevano due 'Castelli' all'imbocco sud della Val del Mis,
l'uno dove ora sorge la chiesetta di S.Michele, sulla dx orografica,
l'altro sul piccolo caratteristico colle ove è sita la Chiesa di S.Giuliana.

       Un  antico toponimo, Ciolt, riportato anche come Ciold o Siold,
       era  rappresentato  piu'  internamente  di  Zorzoi,  ma  non si
       capisce a quale attuale toponimo fosse riferito.                
       Volendo azzardare una ipotesi,  si  potrebbe pensare che questa
       localita' potesse corrispondere con le  Case del Baratto, antico
       luogo di scambio delle merci sito nella bassa val Cesilla, esse
       corrispondono come localizzazione del  toponimo  con le attuali
       Case dei Comodi.
       Questa  prima  cartografia,   va   considerata  piu'  come  una
       curiosita'  storica,  come  scrive il De Nard, piuttosto che un
       serio  oggetto  di  studio, data la presenza di molti errori.   
       Essi  sono  grossolani,  come  ad  esempio la localizzazione di
       Burban  (Bribano)    molto  piu'  a  nord  della confluenza del
       Cordevole con il Piave, a ridosso dei monti.                    
       Cio'  puo'  scoraggiare  l'analisi del contenuto, ma egualmente
       e'  importante che certi toponimi vengano semplicemente citati.
       tra  le  montagne,  raffigurati  talvolta  come  paeselli nella
       cartografia  d'epoca,  oppure  citati  in  antiche missive come
       localita'  importanti,  leggiamo:  Arera,  Campotorondo, Forca,
       Cimonega,  Neva,  Casole,   Faibon,   Zocare'  Alto,   Pietina,
       Guarda, Schener (talvolta chiamato Rocca de Schena o Schenero),
       Case del Baratto.             
       
       Dove la Val Scarnia(*) si getta nella  Val di Canzoi, a quota
       mt.625, un centinaio di metri a valle della odierna Centrale idroelet-
       trica, sulla dx orografica, sono site le case Guarda.
       Anche l'antichissimo sentiero che portava a forc. Scarnia ed al
       passo Finestra si congiunge alla valle in quel luogo.
       Nel 1713 il "Proueditore sopra la Sanita'" di Venezia, per ben
       fronteggiare una temutissima epidemia scoppiata  in  oltralpe,
       decideva di isolare il territorio  veneto,  tagliando i ponti,
       barricando le forcelle e tagliando anche i sentieri di montagna
       "sul sito piu' precipitoso".
       Veniva comandato di porre guardie in tutti  i punti strategici
       di comunicazione, e si legge: "Non ostante che stiano baricate
       le strade di Val Canzoi ad ogni modo......si porra' guardia al
       sito detto pian della Guardia...." Esso e' rappresentato sulla
       antica cartografia proprio dove sono site  le case Guarda, per
       cui risulta  documentata  storicamente l'origine del toponimo,  
       anche la valle che scendeva da  Scarnia veniva chiamata con un
       suggestivo oronimo: "Leguato di neve".

PS: nel 2020/21, anno del 'COVID-19' si è capito quanto terrificanti potevano allora essere le epidemie.

       (*) L'oronimo non e' citato nella odierna topografia, comunque
       si tratta dello stesso usato  dal S.Casara in "Le  Dolomiti di Feltre".
       
       Le "Case del Baratto": il nome dice tutto. Questo insediamento
       era sito a nord ovest delle  Vette Feltrine,  sul percorso che
       sale la odierna val Cesilla,  sulla sx orografica della valle,  
       rappresentato sulla sua parte bassa. Oggi si e' perso del tutto
       questo bel  toponimo,  rimane pero' attualmente un  "Piano dei
       Comodi"  con un insediamento di case:  tutto fa pensare che le
       vecchie case del baratto potessero essere site in questo luogo,
       se consideriamo la parola "comodi" intesa come comodati.   
       Del resto si sa che un tempo  scendevano  dal primiero pelli e
       materiale in ferro lavorato, mentre vi entravano il sale,  che
       era considerato un bene importantissimo  per i veneti  e tutti
       quei generi di soppravivenza che la natura offre spontaneamente
       dalle localita' di pianura. La compravendita dei beni avveniva
       probabilmente in questa localita', mentre piu' a valle c'era il
       valico dello Schener, con l'omonima fortezza  che era sede del
       capitano delle guardie, dei soldati e del daziere.
       
       A proposito del Castello dello Schener, si legge (1526):
       "....fu de mandato de Vostra Sublimita' fabricato ivi una for-
       tezza,  la qual in queste guerre e'  stata ruinata da inimici;
       ma potriasi fare  piu'  forte che prima;  e questo e' il passo
       per qual   li ditti de Primier conducono suso some de  muli et
       cavalli,  solamente   vino  et  altre  vituarie del territorio
       feltrino et trevisano per uso del viver loro,  dove se tien un
       deputato  alla  custodia  del  ditto  passo,  acio'  non siano
       comessi contrabanni,  portando le robe netate,  le quali tamen
       non ponno passar  de  li,  se la bolleta delli  datiari non e'
       sigillata   da  Vostri  Rettori...."   (da  missiva  riportata
       dall'Alvisi in "Belluno e Sua Provincia"-1859)
                                                      
       Dal  1700  possiamo leggere nella cartografia antica i seguenti
       toponimi degli insediamenti circostanti alle montagne:          
       Feltre,   Norcen,  Lamen,   Lasen,   Arson,  Toschian,  Roncoi,
       Carazzai,  Maras,  Susin, Suspiroi, Mis, Camolin, Sagron Basso,
       Sagron  Alto,  Salzan,  Servo,  S.Rocco,  Zorzoi, Imer, Mezzan, Primier.
       Sicuramente  in queste nuove rappresentazioni ed in particolare
       nella cartografia di  F.Grandis  del 1713  Il disegno era fatto
       da  chi  conosceva  bene i luoghi, infatti non si trova nessuno
       di  quei caratteristici errori dovuti  ad  errata  copiatura od
       a conoscenza indiretta del luogo.                               
       Un  buon  contributo  alla  conoscenza ed alla pubblicizzazione
       della  cartografia  antica e' stato dato da Sergio Claut in due
       sue  monografie  pubblicate su "Le Dolomiti Bellunesi".         
       Nelle vecchie carte pubblicate venivano mappate rispettivamente
       zone di Erera-Brandol (1790) e  Pietena,  sulle  Vette Feltrine
       (1641-1791) principalmente  a cura di un  agrimensore feltrino:
       G.Argenta.   Dalla carta che rappresenta in particolare la zona
       di  Campotorondo saltano all'occhio quattro denominazioni molto
       importanti:  la  valle  ad est del M.Agnellezze conosciuta oggi
       dai valligiani come Valaza, era denominata "Val delle Fontane".
       Secondariamente  si legge sulla zona oggi conosciuta come Piani
       Eterni  una  "casara  di  Pian Nattern": forse l'origine antica
       del  nome  Piani Eterni,  piu'  reale  dell'artistica,  sublime
       origine dell'oronimo data dal S.Casara nelle sue descrizioni.
(nattern in tedesco sigifica serpente)


    

 1713: ritaglio di disegni del Giampiccoli e Grandis della zona di Erera - Brandol

                                               
       La  terza cosa interessante e' la denominazione "scortegade" in
       una localita' oggi chiamata Forc. dell'Omo, sopra Erera.        
       Anche  antecedentemente, nel 1713,   il Grandis nella sua carta
       e poi anche il Gianpiccoli  nel  1780  citava   "Scortegade sive
       forcella  di Branzol". Si nota che anche ad est del M.Agnelezze
       l'odierna  cartografia riporta " Scortegade" che  forse sta' ad
       indicare un breve percorso a tratti molto stretto.             
       La  quarta  curiosita' e' la "val del Frare" che avrebbe dovuto
       calare ad est tra le due cime del Col D'Oregne (oggi Col Dorin)
       Per intenderci: giu' verso lo Spigol Sec e la Val Brenton.      
'I l  Frare' è la Gusela della Val dei Burt o Gusela Marini nella
carta del Von Zach del 1798-1805. Chi  conosce i luoghi, sa bene
che giu' di li non si va senza una buona conoscenza alpinistica.
       Nelle  carte d'epoca  raffiguranti  la  zona di Pietena saltano
       agli    occhi gli antichi nomi delle montagne  gia' conosciute,
       e  si  legge:  "Monte  de  Rameza",  "Monte de Colcuco" (il col
       della Fontana?) gia' nel disegno del Geremia Guarnieri del 1641
       Un  disegno dell'Argenta, datato 1791 riporta le "Rocce Brune",
       il  "Col  Ariol",   "Masare'"  (Piazza  del  Diavolo),  "Costa
       Causella" (forse corrispondente con il Passo Pietena).         

ANTICHI IDRONIMI, ORONIMI DI TORRENTI E VALLI DEI MONTI  FELTRINI
                                                                      
       Non  tutti  i  piu' grandi torrenti venivano citati anticamente
       sulla cartografia disegnata e dipinta,   solo i piu' importanti
       i cui nomi erano grossomodo  simili  all'attuale, ad esempio il
       Caorame era chiamato Capram, poi Cavoran.                       
La Val del Brenton ed il Cole del Brenton sono oronimi antichi,
già riportati nella cartografia del 1713 a sud della Morsecca.
'brenton' significa pignatta, catino, come quelli formati dalla
acqua con le  cascatelle in quella valle.


                                    Ritaglio cartografia IGM levata 1926: La carta riporta il Lago di Brandol a m.1901

       Il Brenton,  Cismon, Veses, Colmeda, Semelenga, Mis sono
oronimi che non sono  mai  cambiati  nel  tempo,  al  contrario  di
quelli riguardanti le valli ma soprattutto quelli riguardanti i monti.
       Per  le  vallate  ed  il  loro  relativo oronimo, in molti casi
       possiamo  notare che i nomi sono cambiati radicalmente rispetto
       anche ad un cinquantennio prima ed  in taluni casi ne sono nati
       di  nuovi;  forse  per capriccio dei cartografi, forse per dare
       ossequio al parlato di una vallata oppure per errore.           
                                                                       
       Vi  sono  alcune  curiosita'  sulle  quali  e' quasi  d'obbligo
       soffermarsi.  Ad  esempio,  l'attuale  Val  di  S.Martino,  che
       permette  l'accesso a Pietena ed a Ramezza, veniva chiamata Val
       de    Garza,  almeno  fino  ai  primi  anni  del 1800. Essa era
       considerata  uno  dei  punti  militarmente  importanti  per  la
       difesa  dei  territori da nord,  gia' negli  scritti  del  1526
       (Bernardo Balbi, Podesta' di Feltre)                            
       Sulla  destra  orografica  della  valle  esisteva  gia'  allora
       il   toponimo S.Martin,  rappresentato come un paese. Dai primi
       anni del 1800 la valle veniva chiamata come oggi.              
                                                                     
      Anche la val di Lamen,  che  riportava  questo  nome gia' prima
       del  1713,  e'  stata   rappresentata a  suo  tempo, nell' anno
       1833,  con  un  oronimo suggestivo:  Val dell'Aden. Sicuramente
       e'  stato  un  errore  cartografico,  nella  levata successiva,
       infatti, qualche anno dopo, essa appare addirittura senza nome.
       In  seguito,  nessun  cartografo  ha  piu'  restituito  il nome
       originario  alla  val  di Lamen, ne' sulle levate IGM ne' sulle
       carte turistiche del Tabacco, ove non appare alcun nome.       
       Solamente  la  guida  "Le Alpi Feltrine"  del  1977  usa questa cortesia...
                                                                       
       Anche  la Val Masiera, antico nome dato al vallone ghiaioso che
       cala dalla Busa di Cavaren (Vette Feltrine) verso  Aune, sembra
       essersi  dissolto nel tempo. Ora tutti chiamano questa valle il
       Valon de Aune,  ove  scorre un bel sentiero   (lo Scalon di San
       Antonio)  in  parte attrezzato  fino  a  malga  Monsampian,  ed
       "Il cavaliere",  ardita guglia rocciosa,  troneggia in mezzo ad esso.
                                           
       Rosna e' un nome di probabile origine etrusco settentrionale.
       La  Val Rosna,  in  fondo  alla  quale  e' stato  rinvenuto  il
       sepolcro  paleolitico  di  un  cacciatore,  veniva   denominata
       Val Varosna.   Tra la val Cesilla  (Nel 1700 val Pontetto) e la
       Rosna  vi  era  segnata  una  "Val  della  scala storta",  essa
       forse  potrebbe corrispondere alla odierna Val dei Cani.        
       La  val  Giasinozza    era  denominata  val  Asinozza, anche il
       Brentari,  nella  sua  guida  del tardo 1800 la cita sempre con questo nome.
       Anche  una  valle laterale alla val Falcina che sfocia nel lago
       del  Mis,  cioe'  l' attuale Val dei Burt, veniva denominata un
       tempo  (cartografia  del  1898) Val di Cantoni, mentre prima di
       questa data non veniva affatto nominata.                        
       L'attuale  val  Slavinaz,  che  scende  dalla  attuale Forcella
       dell'Omo  (sopra  Malga  Erera) e confluisce nella Val Caorame,
       era  detta  nella cartografia del 1833  "Val dell'Aste", ma poi
       il Guernieri, nel 1866 la denominava Val delle Laste,  essa era
       definita Val d'Ast nella edizione 1:100000 del 1898.      

   
Kriegskarte di Anton Von Zach 1798-1805 - rilievo della zona del M.Pizzocco
         

La serpentina gialla sta ad indicare un percorso difficile e senza
sentiero. Essa risale serpeggiando  l'alta Val Falcina sino alla cresta di Cimia
per un passggio che non è lo 'Scalòn' ma sembra coincidere con una
spaccatura sottostante il 'Covol del Conte' e Capanna di Cimia a m.1540.

       La Val delle Moneghe, confluente superiore della Val del Mis e
       percorsa dal torrente Pezzea, era chiamata Val Pezze' gia' nei
       primi anni del 1700.  Leggiamo poi nella  cartografia del 1833
       "Val  delle Monache"  ed anche il sito  dove vi erano  le Case
       delle  Monache,  due  costruzioni  contenute  nella confluenza
       dell'impluvio   che    scende  dalla  forcella  dell'Omo,  con
       quello  che scende dal  Sasso delle Undici,  grossomodo ad una
       quota di 900-1000 mt.
       Anche  le  carte del 1866  confermano  la  presenza delle case
       delle Monache sulla stessa  posizione,  definite in entrambi i
       casi, 200-300 mt. entro il territorio austriaco.
       Sulla  odierna  cartografia   dette  case   non  sono  nemmeno
       riportate  come  ruderi,  vi  e'  comunque  una  zona  prativa
       pianeggiante che potrebbe aver ospitato le Monache,  magari in
       casolari costruiti con molto  legno e poca  pietra, quindi mal rintracciabili.

                                                                      
       I PIU' ANTICHI PASSI, FORCELLE, VALICHI DEI MONTI FELTRINI

       Senza voler arretrare nel tempo fino a periodi non documentati,
       e' probabile,  poiche' cio' scaturisce da varia documentazione,
       che i valichi piu' antichi delle  montagne  feltrine fossero la
       Forcella  Pelse, a nordest di  Erera ed il passo dello Schener,
       vicino a Zorzoi, ove fu poi costruito anche un castello.        
       Accanto  a  questi  due  valichi,  si puo' mettere il passo del
       Valon,  sopra  Pietena  sulle Vette ed il passo Finestra, a sud del Rif.BOZ.


               Ritaglio da Guernieri-Seiffert -1833- interessante il toponimo M.Lebi e Cima di Eva (Sass de Mura)

       Sicuramente  i valichi piu' scomodi ma maggiormente frequentati
       dai  valligiani  erano il passo del Valon ed il Passo Finestra,
       (poiche'  per  il  passaggio  dello  Schener  veniva  chiesto un balzello).

       Anche la Forcella di  Dosso Perazze veniva citata nella vecchia
       cartografia (1713) come valico che portava al M.Pietina.       
       Si  legge  una antica missiva del 1526, spedita dal Podesta' di
       Feltre Bernardo Balbo al Principe Serenissimo di Venezia, nella
       quale  Egli  enumera  e  descrive  tutti i valichi che dovevano
       essere  presidiati per proteggere la citta' di Feltre.

      Si ricorda che nell'anno 1510 stranamente con invasione da sud  
       vi  era  stata  la  distruzione  totale  di  Feltre da parte di
       Massimiliano per mano del suo generale G.Lietestainer: il Piloni scrive:
       "Vedendosi da Cividale il foco, che tuttavia ardeva  l'infelice citta' di Feltre...."-
Da Belluno si vedeva Feltre bruciare...              

       A parte la Schalla (di Primolano), Celarzo nel Tesino, la Villa
       de  Lamon, Il Balbo cita lo Schener,  dove  ricorda la fortezza
       diruta  nelle ultime guerre, il passo Finestra che "...e' posto
       in  capo  da  una  valle  chiamata  Val de Canzoi..." poi viene
       citata  la  Val  de Garza (Val di S.Martino) e per ultimo viene
       citato  il  Canal  del  Mis,  da  difendere  in  accordo  con i
       Bellunesi  "...pro  dimidio..."   cioe' perche' a confine tra i
       due popoli.   L'autore poi continua con considerazioni militari:
       in  particolare sia  la  Val  de  Garza, cioe' l'attuale Val di
       San Martino,  sia  il  passo   Finestra,   andavano  difesi  da
       cento  e  duecento fanti rispettivamente, segno evidente che il
       sentiero  di  allora  ( "....da quello non pol descender             
       dalla  valle  di  Primier  con  la qual confina, se non fanti a
       piedi cum sui carnieri et schiopetti...")   era solo pedonale.  

       Inoltre  si  capisce  che  anche  allora il passo del Valon era
       piu'  disagevole  del  passo  Finestra, poiche' bastavano meta'
       soldati  per  difenderlo,  inoltre,  mentre  il  primo era solo
       "angusto et stretto" , il secondo era definito "..angustissimo".
       
       Una precisazione va fatta: in quegli anni il feltrino ed il bel-
       lunese  non  erano aggrediti solo dagli austriaci,  ma dovevano
       difendersi anche  dai soldati di Ludovico Sforza.
       Il Piloni scrive: "...Il decimo nono giorno di ottobre (nb.1499)
       mandorno quattro suoi Cittadini al Castello Agordino, al loco di
       Ruit,  alle Cadene,  et al Canalle de Misso:  assegnandoli  una
       buona squadra de soldati per ognun di loro, accio' difendessero
       quei passi dalle gente del  Sforza,  et  d'altri che tentassero
       dannificare el territorio Bellunese..."
                                                                       
       Una  curiosita'  puo'  essere il fatto che tra la cima Dodici e
       le  creste dei Piadoch,  proprio  quasi  all'altezza  di  passo
       Pietena,  nella  cartografia  antica e' segnato un sentiero che
       cala verso malga Agnerola. Il passo del Pavione veniva ignorato
       completamente,  quindi  non  era  un  comune  transito; solo in
       seguito il passo veniva denominato "Forc. della Zopa".          
       Anche il sistema di cengie nord del M.Pavione era ignorato, pur
       essendoci in fondo al  "Circo dei Piadoch" un rudere di piccola caseretta.

.
Kriegskarte di Anton Von Zach (1798-1805) - Ritaglio (Tav.XI-10 Feltre) ufficiale cartografo Ludwig Geppert zona di M Monsampiano (M.Pavione)

Nessun oronimo definiva questo passo nella cartografia antica.
       Il  ripido  pendio  della "Busa dei Piadoch" era il piu' comodo
       percorso  pedonale  di  un  tempo  per  collegare  le malghe di
       Pietena con quelle di Agnerola, sicuramente pero' era stato reso
       agibile con lavori di contenimento, in quanto, specie la parte
       bassa, e' molto friabile e non si presta ad una traccia stabile
       che possa durare nel tempo. La Busa dei Piadoch  era presidiata
       anche nel 1915-18, infatti una mulattiera  militare proveniente
       dal Passo Pietena finisce duecento metri entro il vallone,  nel
       versante di Primiero, proprio dinnanzi ad una grotta scavata ad
       uso militare, presidio di guardia del vallone.
       
       Molto interessante e piuttosto insolito e'  il fatto che nella val
       Schener,  dove scorre il torrente  Cismon che attualmente  forma il lago
       artificiale omonimo,  la maggior parte delle valli tributarie  della Val
       Schener su entrambi i   versanti abbiano un oronimo ben  preciso. Questa
       ricchezza di oronimi in   un luogo cosi' apparentemente isolato, lontano
       dai grossi insediamenti umani e'  un fatto raro in tutto il gruppo delle
       montagne  feltrine,   e  fa  pensare  ad  un   luogo  anticamente  molto
       frequentato, forse esente da balzelli e poi abbandonato.

       Non si puo' tralasciare il  ritrovamento  paleolitico della Val
       Rosna.  Considerando  che  il  sito  dove e' stato ritrovato il
       sepolcro  e'  sul  lato delle Vette, vista la presenza di molti
       anfratti  specialmente sul M.Vallazza e M.Tavernazzo, va da se  
       che le zone ovest delle Vette Feltrine erano sedi umane,  anche
       dimostrate  dal  ritrovamento  stesso.  Se  consideriamo questa
       zona  come  un  valico tra la antica Val Cesilla e Rosna con la
       val  Noana,  esso  diviene  sicuramente  il  piu' antico valico
       delle  montagne  feltrine  della  preistoria,  assieme al Passo
       Croce  d'Aune,  poiche'  anche  sul M.Avena  sono stati trovati
       reperti archeologici del paleolitico.                          

                                                                                     
                                                                              
                                    LE MONTAGNE ANTICAMENTE PIU' CITATE                             

                                                                      
       Le  montagne  non  interessavano  nessuno  dal  punto  di vista
       turistico  a  giudicare  dalla  cartografia esistente fino alla
       fine  del  1500.  Esse  erano considerate dei riferimenti per i
       viaggi,  molte  volte  citate  con  nomi  purtroppo  spesso non
       individuabili con precisione negli attuali oronimi.             
       Solo  nel  1570  proprio  il  feltrino  G.Gastaldi  rappresenta
       qualche  monte,  descrivendolo  come  riferimento  sicuro,             
       stagliato nel disegno rispetto agli  altri, alcuni con  il nome        
       altri   con le descrizioni "Est memor che per la sua altezza..."       
       oppure  "Di questo monte..." nessun monte pero' orograficamente        
       e' citato sulla zona feltrina.                                         
       Dal diciottesimo secolo le montagne feltrine divengono oggetto
       di studio da parte di botanici e geologi,  i quali tra l'altro
       hanno  lasciato  documentazione  dei  loro  studi,  si possono
       citare l'Antonio Tita,  il Gian Girolamo Zanichelli, lo stesso
       Dal Piaz,  che ha lasciato il proprio nome perennemente legato
       alla montagna che amava studiare.
       
       Il  "Monte  Paveion"  e'  citato  dal  botanico  Gian Girolamo
       Zanichelli nel luglio  1724  come luogo botanicamente ricco, e
       cosi' il "Monte Luna".
       Nella  Cartografia  del  F.Grandis  del  1713  ecco comparire i        
       primi  nomi  dei  monti  feltrini: "Monte  dalla  cazza  longa"        
       (probabilmente  la  Morsecca, in quanto subito a nord della val        
       Brenton; "Cole del Brenton" potrebbe essere la Roa Bianca;             
       "Monte  de Suspiroi   e  Monte de Palia":  mentre  il primo e'
       individuabile nella catena che dal M.Sperone va al Sass dei Gnei,      
       il secondo sicuramente e' l'attuale M.Pizzocco.                        


Ritaglio disegno di Sebastiano Bonotti del 1641 -La Piazza del Diavolo è detta Masarè ed è contrassegnato con B il sentiero per Pietena. SERGIO CLAUT - LE DOLOMITI BELLUNESI - Natale 1992 pag.32 - Cartografia manoscritta del Feltrino: due mappe di Pietena  


L’oronimo Piani Eterni:
Sicuramente suggestivo  per chi consulti le carte  topografiche è
l’oronimo ‘Piani Eterni’  ad est dei pascoli di Erera. Severino Casara,
affacciatosi da Cimia verso i Piani Eterni, rimase talmente entusiasta
da immaginare un'etimologia mistica di questi luoghi. Questi piani
sono evidentemente modellati dal fenomeno del carsismo, con buche,
doline, campi carreggiati ed evidenti fratture delle rocce. Il terreno non
consente la presenza di acqua in loco, se non quella ricavata dalla
neve che rimane nelle forre più profonde anche per tutta l’estate.
Vi è notevole presenza di rettili che avevano dato il nome alla
‘Casara di Pian Nattern’ ed all’omonimo piano.  Il nome ‘nattern’
significa serpenti al plurale in tedesco.
L’agrimensore Domenico Argenta nel 1790 con molte triangolazioni
disegnò per il Monastero di Santa Chiara di Feltre il territorio  dell’altopiano.
Questa rappresentazione grafica  riporta l’oronimo ‘Pian Nattern’ ed il toponimo
‘Casara di Pian Nattern’ proprio dove in seguito si denominò il luogo
‘Piani Eterni’, l’assonanza dei nomi è evidente.


Ritaglio da D.Argenta 1790:  La Casara di Pian Nattern (nattern in tedesco significa colubridi, rettili, serpenti)       

"Monte  de  Bernardi    e  Palazza":  essi erano  evidentemente        
       le  cime a nord ed a sud della attuale  Val Fraton,  confluente
       da est della Val Canzoi. E' interessante come il M.Palazza fosse      
       scavalcato  da  un  sentiero,  riportato pure sulla cartografia        
       del  1898.  Le  due  montagne quindi dovrebbero essere state la        
       Pala del Lenzuolo a nord e la dorsale ovest del M.Tre Pietre.          
       Altro M.Palazza era individuato sopra  all'attuale Alpe Palazza,  
       dovrebbe  corrispondere  all'attuale  Col dei Bechi o M.Vierte,
       ma  sorge il dubbio  che  piu'  che  individuare  le  cime,  il
       Grandis individuasse  pascoli  di montagna, attribuendo loro la
       denominazione di monte.
       Infatti,  se  sulla  stessa  carta andiamo a vedere cosa scrive        
       della  zona  attorno  all'attuale rifugio Boz, vediamo una cosa        
       curiosa:   "Monte  detto  neva  prima"  ,   "Monte  detto  neva
       seconda", "Monte detto neva terza" guardacaso proprio collocati        
       dove sorgono le malghe ancor oggi, ma non vi e' alcun monte.
       IL  M.Alvis  od anche Albis era esattamente dove si trova anche        
       oggi  l'oronimo,  mentre  in  fondo  alla  val Fraina vi era un        
       M.Tambara che oggi e' detto M.Tambarella.                              
                                                                              
       Sulla  testata  della  allora  citata  "Val di Lamen" vi era il        
       M.Lombraor, poi verso ovest venivano  citati  il"  M.Tavernazza        
       ed il "M.Valazza" i cui nomi hanno resistito al tempo.                 
       E' molto interessante notare sulla carta del  Grandis (1713) la        
       traccia  dei  sentieri,    che  corrisponde  e  conferma  molti        
       percorsi attualmente segnati dal CAI (Feltre) ed altri purtroppo
       frequentati raramente da qualche appassionato.                         
       Si  puo'  dire  con certezza che il lavoro fatto dal cartografo        
       fosse piu' preciso e corretto, a parte la sproporzione di certe        
       valli, di quelli fatti in seguito anche ottanta anni dopo.             
       Infatti  bisogna  attendere  il  1800   per leggere cartografia        
       piu' precisa di quella citata sopra.                                   
       A  proposito  della  cartografia  del  1800,  e'  interessante         
       constatare  come  molti  nomi  di  montagne  in queste edizioni        
       siano stati attribuiti ex novo, si possono citare come esempi i        
       seguenti  casi che sono i piu' evidenti:                               
       Veniva  attribuito  un nome all'attuale M.Colsent, sulla cresta        
       montuosa  di  confine  tra  il Veneto ed il Tirolo posta tra le        
       Vette Feltrine ed il Sass de Mur e veniva chiamato "M.Lebi".           

       Lo  stesso  Sass  de Mura  era  denominato "Cima del Mezzo Di",        
       mentre  le  attuali  Cime  di  Neva erano dette Cime di Eva, ma        
       forse con un errore del cartografo.(1833)
       In  seguito  il  Sass  de  Mura  veniva  chiamato  Sass de Mur
       (O.Brentari) e Sass da Mur (S.Casara).
       
       La  montagna  rocciosa  a  sud  del  M.Tre  Pietre,  denominata        
       M.Cimone veniva chiamata con il nome "M.Fortugno", nelle levate        
       topografiche del 1833 e del 1866.                                      
       A nord di Cesiomaggiore si erge una chiesa denominata S.Agapito        
       ad  ovest di essa,  una  cima  oggi  non  menzionata  (mt.1546)        
       era chiamata nel 1833 "M.Cigognera", poi  nella levata del 1866        
       si  legge  "M.Petenaga";  va  detto  che  una valle ad ovest di        
       questa cima ancor oggi e' denominata "Le Cigognere".                   
       L'attuale  M.Sperone  che  si erge roccioso alla confluenza tra        
       la  val  del  Mis  e  la  Val Belluna, era anticamente chiamato        
       "Pietra Mula" (1526-Bernardo Balbo), poi nel millesettecento si        
       inizio'  a  rappresentarlo  come "M. de Suspiroi", nelle levate        
       topografiche del 1833 e 1866 veniva stampato come "M.Bocco".           
       Oggi  sulla  cartografia  attuale  esiste  ancora  la costa est        
       della  montagna  che viene detta costa Peramula,  ed e' l'unica        
       testimonianza dell'antico, originario nome.                            
                                                                              
       la cima che chiudeva frontalmente la testata della val di Lamen        
       era  denominata  fin  dal  1600  "M.Lombraor";  essa  veniva in        
       seguito   detta   "M.Lamen",   mentre  oggi  l'oronimo  e' Col
       Cesta,  Pala  Croce d'Aune  e Pala Pedavena,  con tre distinte denominazioni.
       Queste  ultime dizioni, introdotte  recentemente,(*) dimostrano        
       chiaramente  come  ancor  oggi si possano ampliare  con  totale        
       accettazione  gli  oronimi:   mentre il  parlato volgare offre un        
       unico  nome  orografico,   la  descrizione  tecnica  delle cime        
       impone  una  diversificazione  dei  nomi,  essendo squallido il        
       fatto  di  citare  le  cime  con  la sola quota, come si faceva        
       durante i conflitti per motivi trigonometrici militari.
       (*) Carte turistiche Ed.Tabacco.
                                                                      

       Una  stupenda  iniziativa della "Fondazione Angelini" risalente        
       all' anno  1991,  si  prefigge  studio  e  catalogazione  degli        
       oronimi e toponimi della provincia di Belluno.                         
       Il  lavoro,  che  prevede la compilazione di schede nelle quali        
       i  nomi  vengano  citati  con  il  loro  nome  ufficiale  della        
       cartografia  ed  inoltre  con  il  parlato  volgare di una e di        
       altre  vallate,  sara'  di  enorme  importanza  per chiunque si        
       prefigga  di  descrivere  zone montane senza l'incubo di errare        
       anche grossolanamente nelle definizioni toponomastiche.                
       Il lavoro e' seguito dai migliori esperti di montagna bellunesi        
       ma certamente esso richiedera' diversi anni di impegno.                


NOTE SULLE ROVINE DEL CASTELLO DELLO SCHENER DI ZORZOI

A nord dell'abitato di Zorzoi di Sovramonte di Feltre, vi sono le
rovine    dell'antichissimo   castello    dello   Schener,   sito
sull'omonimo  costone boscoso che separa  i territori di  Servo e
Zorzoi dalla Val Rosna.
Nel 1384 Feltre e la Val Sugana passarono ai Carraresi , ma gli
Arciduchi di Austria conservarono il loro dominio sul Primiero.
Cosi' tra Feltre ed il Primiero sorse un confine: Feltre lo munì di un castello.



Le  rovine  si  trovano   a   quota   mt.700,   vi  e'  un  cippo
trigonometrico proprio dove   si  erigeva  la  costruzione. Dalla
strada si scorge un pezzo di muro  di circa una  decina di metri,
ma e'  in  pessime condizioni.  Sopra  ad  esso, probabilmente in
seguito  a  scavi   effettuati,   altri  piccoli  pezzi  di  muro
affiorano, ma sono decisamente pochi e piccoli.



A  nord  della  costa,   poco  sotto  alle  rovine,   una  grotta
artificiale  scavata  nella  roccia  si  inoltra  per  circa  una
quindicina di metri:  la volta e' franata. Forse si tratta di una
opera militare di guerra,  ma e' strana la posizione, lo
scavo  e'  irregolare,  troppo profondo e senza scavi laterali in
fondo.  Infatti  l'apertura  di  ingresso volge a  nord, verso la
valle del     Cismon e mai un militare del 1915-18  avrebbe fatto
uno scavo in quella direzione  per poi adibirlo  a dormitorio per
i  soldati o deposito  di qualsiasi  genere, perche' direttamente
esposto al fuoco  nemico.  Lo avrebbe scavato ortogonalmente alla
valle, a sud del castello, in direzione ovest-est.
Puo'  quindi essere stata la cava usata per reperire il materiale
usato  per edificare la  fortezza,  in  seguito  franata.  Al suo
interno,  spostando  qualche  masso,  si  notano
tavole  e legni completamente marci.
Purtroppo non  c'e'  alcun  cartello  o  tabella  che  indichi le
rovine,  e quindi rimane  all'occhio del turista la destrezza del
notarle al  momento giusto, sul filo della costa sopra la strada.
Lo storico Alvisi,  nella sua opera edita nel 1859  riportava una
missiva  del   nobile  Bernardo  Balbo,   scritta  nel   1526  al
Serenissimo Principe di Venezia, nella quale elencava i passi per
i quali il  nemico  Tedesco  poteva  aggredire  il  territorio di
Feltre e tra l'altro testualmente scrive:

....Il quarto  passo  si  domanda  il  Schener;  per  il  qual si
descende dalla Val di Primier alla Villa de  Servo et  Zorzoi, et
de li in campagna di Feltre;  ma e'  un loco angusto, ita che per
quello non pol descender se non fanti a piedi  cum sui schiopetti
in spala;  ne pol esser condutto vitualie,  ma solum pol portarse
pani nelli carnieri  et  vino in li  botazj,  et per questo fu de
mandato de Vostra Sublimita'  fabricato ivi una fortezza, la qual
in queste guerre e' sta ruinata da inimici; ma potriasi fare piu'
forte  che prima;  e questo  e'  il  passo per qual  li  ditti de
Primier conducono suso some de muli et cavalli, solamente vino et
altre vituarie del territorio  feltrino et trevisano per  uso del
viver  loro,  dove se  tien  un deputato alla  custodia del ditto
passo,  acio'  non siano comessi  contrabanni,  portando  le robe
netate, le qual tamen non ponno passar de li, se la bolleta delli
datiari non e' sigillata da Vostri Rettori....

In seguito,  dove lo scrivente annota le spese di  gestione della
citta' di feltre, tra le righe si legge:
.... Per lo Capit. di Schener L.446:9 ......

Si capisce chiaramente che la fortezza aveva lo scopo  di servire
in tempo di pace  per la richiesta  del dazio di  passaggio, ed a
questo  scopo vi  permaneva  sul  posto  un  daziere,  assieme al
Capitano delle guardie ed alle guardie stesse.
Va evidenziato il  fatto  che  sembra  vi  sia  un  solo capitano
esterno alla citta' sulla busta paga del Bernardo Balbo, e questo
lascia intendere quanto  importante fosse  il Castello all'epoca:
sembra praticamente che a difesa di  Feltre non  vi fossero altre
fortezze che richiedessero la presenza di un Capitano.
Probabilmente in tempo di guerra le cose cambiavano, in quanto la
citta' di Feltre faceva costudire bastioni difensivi in ben sette
valichi, da quanto viene scritto dall'Alvisi.
Il fatto comunque che in  quel luogo fosse  richiesta la presenza
di  un  Capitano,  nonostante non  si  passasse  con  i  carri ma
solamente a  piedi  o  con  muli  e  cavalli,  e'  indicativo del
traffico  che vi  doveva  essere  e della  mole  di
balzelli che dovevano venire riscossi.
Un buon contrabbandiere, comunque, avrebbe potuto tranquillamente
valicare  la  costa  dello  Schener   piu'   a  monte,  cosa  che
probabilmente si faceva, esistendo piu' sentieri che calavano dal
M.Tavernazzo  in  direzione di Servo  e Zorzoi:  con una serie di
muli od a cavallo pero'  la strada  piu'  comoda era quella della
Fortezza,  in quanto  le  alternative sarebbero  state
piuttosto ripide ed impervie.
E' suggestivo e di stimolo per la fantasia, consultando  la carta
topografica,  considerare i nomi  delle  localita'  prossime alla
fortezza:  la  costa  dove  sorgeva  il  castello  di  Schener e'
nominata  Costa  della  Fratta,    a  nord  il  M.Tavernazzo  che
comprende la malga  Tavernazzo,  a sud la localita' Bettola....


Resti del muro del rudere e cippo trigonometrico (foto Luigina Garzotto)




                                     
Rovine del Castello dello Schenèr in una foto di fine 1800


Negli anni precedenti alla  prima guerra mondiale,  la strada che
porta allo  Schener e'  stata allargata per  motivi  militari, ne
sono state costruite altre  a quote superiori ma  tutte parallele
che  portano   alla  Costa   della   Fratta:   infatti   essa  e'
strategicamente importante perche'  le artiglierie poste lungo la
costa  potevano  facilmente  interdire  il  passaggio  a chiunque
avesse tentato di scendere lungo il Cismon.
Si  nota  ancora  oggi  la bella massicciata  costruita dal genio
militare  a  sostegno  delle  strade  di  servizio  perfettamente funzionale.
Altre strade militari scorrono piu'  in alto, nei pressi di malga
Monsampian, tra il M.Vallazza ed il M.Pavione.
  
Un fatto  che  fa  pensare  quanto  anticamente  potessero essere
conosciuti e frequentati questi  luoghi  e'  il  reperto dell'era
paleolitica  (Si  e'  stabilito  11.000  anni  prima  di  Cristo)


Il sito archeologico fotografato  dalla statale


Il sigillo tombale dipinto con colori naturali   (da cartolina illustrata locale)

rinvenuto a fondovalle nei pressi della Val  Rosna, proprio giu',
a nord, nella valle sotto alle rovine del Castello. L'ambiente e'
ricco di caverne, i luoghi sono molto soleggiati ed aperti.
Una  bruttissima linea elettrica ad  alta  tensione  ora sovrasta
questi  luoghi.  Molti  sentieri  che  vi  sono  nei  pressi sono
sentieri di  servizio  dell'Enel e sono  contrassegnati con segni
gialli ed arancio sugli alberi, ovviamente non vanno seguiti.

Descrizione dellì Itinerario:
Si  perviene  a Zorzoi  da ponte  Oltra in Val  Cismon oppure dal
passo Croce d'Aune sopra a Pedavena.
Alla piazza di Zorzoi si gira a sinistra (ovest) inoltrandosi per
le strette  stradine  del  centro  storico  (belle  e vecchissime
abitazioni) e si seguono le indicazioni per localita' Bettola.
Giunti alle case di Bettola, si tralascia la stradina a destra in
salita, proseguendo a sinistra in leggera discesa.
Presto la  strada  diviene bianca ed e'  conveniente parcheggiare
poco prima di localita' Bur (Capitello).


Bettola: vecchia costruzione con portico (Luigina Garzotto)

Si  prosegue per la strada  militare che  presenta talvolta bella
massicciata in  pietra,  ad  un  bivio  prendere  a  sinistra, in
discesa,  fino al  filo  della costa dove  si apre alla  vista la
valle del Cismon (val Schener).  Tralasciare tutte le frecce ed i
segni colorati poiche' sono indicazione di servizio per l'Enel.
Un cippo trigonometrico  in  cemento con  coperchio  metallico e'
posto proprio sopra alle rovine del Castello.
(la strada  poi prosegue in leggera discesa verso  est,  verso la
media val Rosna, ma superato il canalone, termina ben presto).
ore 0.30 da Bettola.



Cartina del 'Viàz del Tavernàz', un percorso ad anello che inizia poco oltre il rudere del Castello dello Schenèr, la foto è di Luigina Garzotto




Ricerche storiche di Gian Garzotto - 1986 -   BIBLIOGAFIA COSULTATA




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